Il libro era lì, lasciato aperto sulla poltrona di velluto blu che riceveva il raggio di sole dalla finestra aperta sulla scogliera, le pagine ondulavano indecise sotto il soffio della brezza calda e sottile. Forse fu l’indecisione delle pagine a farmi venir voglia di prenderlo e leggerlo, forse la voglia di sentirmi per un istante chi poco prima si era seduto in quel posto, per condividerne il viaggio fatto di pagine ed inchiostro, trasformandomi nel suo compagno “sconosciuto” d’avventura. Di certo non avrei mai pensato di poter vivere quell’istante, in quel momento, in quel luogo…dopo tutti quegli anni. Le pagine sinuose sembravano un richiamo di sirena, dove il canto ammaliante si trasformava in quelle mezze parole nascoste nel movimento, come: madre…fuoco…strada o ma…man…mani!
La sedia era una vera e propria culla per i sogni, morbida, accarezzata dal sole, di un blu intenso che coccolava gli occhi, perfetta per perdersi in un libro. Prima di iniziare a leggere diedi uno sguardo veloce alle pagine e mi capitò la numero 14, scelta a caso contro la numero 57, la carta era di un bel ruvido e c’era odore di libro, di libro vero. Il passo che arpionò gli occhi diceva: “…avrei aspettato l’eterno se solo mi avessere detto che lei ci sarebbe stata alla sua fine, avrei distrutto ogni orologio al mondo per far ripartire il tempo dal suo nuovo sguardo, se solo mi avessero riportato il profumo dei suoi capelli”. Rimasi in silenzio, anzi…il mio cuore dimenticò di battere per qualche secondo. Aveva perso la sua amata? L’aveva tradita, era morta, avevano accettato un lavoro che li aveva portati a vivere lontani? Avete mai fatto questo gioco? Leggere un pezzo di un racconto senza guardare la copertina e cercare di indovinarne la storia…magari creandone una conmpletamente nuova.
Però quel pezzo di storia non era casuale nella mia vita, non poteva essere lì semplicemente per caso, perchè avrei potuto leggere mille altre frasi, avrei potuto trovare una foto o un disegno al posto di quelle parole. Decisi di non guardare la copertina e di immaginare la storia; chiusi gli occhi e lasciai che le mie lacrime scrivessero la trama sulla mia pelle e sul velluto di quella poltrona. Il velluto mi condusse alle sue gambe, ma quelle poche forme d’inchiostro mi fecero tornare alla mente il messaggio ricevuto pochi istanti prima da mia cugina, un messaggio carico di rabbia e di finta decisione, un messaggio che raccontava la fine di un amore per un semplice litigio, per una distrazione degli occhi che non avevano visto il pianto del cuore.
Come può un amore finire, semplicemente per un fraintendimento figlio dell’ego? Come può un immenso nato da due occhi, rimpicciolirsi e diventare punta di spillo, semplicemente per un diverbio delle labbra? Le mie mani presero il cellulare e risposero in modo diretto, senza pensieri o congetture, senza voler essere guru emozionale o poeta domenicale…le mie dita si mossero senza controllo sullo schermo ed il pensiero inconscio si trasformò in: “sapessi quanto darei per poterci litigare una volta ancora, poterne guardare gli occhi che mi odiano, il corpo che mi minaccia, le vene di quel collo morbido e lungo gonfiarsi e rivederci la passione che improvvisa ti assale durante il giorno…sapessi cosa darei
per tornare indietro e addormentarmi una volta ancora nel suo alito notturno”.
Chiusi gli occhi, di nuovo, e provai ad immaginare il racconto del libro, vidi l’immagine di una
donna che passeggiava in riva al mare, mentre dietro di lei una casa con le finestre spalancate lasciava sventolare le sue tende dando alla stessa la forma di una ballerina, quasi come se la casa volesse prendere il volo come in un cartone animato di Miyazaki. Nella stanza il corpo nudo di un ragazzo che dormiva o forse pensava, e qualche libro sparsi sul letto in modo disordinato tra le lenzuola che a tratti erano stropicciate e in altri punti erano perfette nelle loro linee precise…ed un gatto che dormiva con la testa sulla scarpa di lui. Lei è ferma; mentre le onde le accarezzano i piedi quasi a confortarla visto che il viso donava gocce al mare…forse il mare raccoglieva le sue lacrime per portarle via il dolore…forse le trasportava lontanto dove il suo vero amore viveva e stava sognando di lei. All’improvviso qualcuno mi chiamò e mi disse che la persona che aspettavo per il pranzo si scusava ma non sarebbe venuta. Anche questa volta non riuscirò a vederla, pensai, non avrò l’occasione per guardarla negli occhi e capire se c’è ancora un accenno di fiamma nei suoi sogni, se ancora le sorridono gli occhi quando mi guarda.
Altri mesi passeranno e nessuna domanda avrà risposta. Ci eravamo ripromessi che nel caso ci fossimo trovati in una situazione del genere, ci saremmo dovuti incontrare nel nostro ristornate preferito il 14 del mese per pranzare insieme, ma 6 mesi erano passati senza un incontro. Quanto devastante l’ego può diventare, quanto invalicabile un dolore può sembrare, ed ora, mi trovavo da solo in mezzo a tutta questa gente, a pensare che avrei potuto aspettarla in eterno se solo avessi saputo di trovarla alla sua fine. Decisi di non guardare la copertina di quel libro, decisi che non avrei aspettato il 14 del prossimo mese e decisi che non avrei aspettato l’amore, perchè dell’ amore nessuno ha mai capito nulla,
perchè se poeti continuano a scrivere poesie e scrittori continuano a raccontare storie, è
semplicemente perchè l’amore non lo sa spiegare nessuno…forse perchè l’amore, quello vero, si mostra nelle notti senza tempo dove gli occhi di chi ama si incantano alla vista del proprio amore che dorme, si mostra nell’impossibilità di dire a parole quello che l’anima prova ad esprimere con i brividi di cuore.
In quel momento decisi che l’amore sarebbe stata la mia bottega e io ne sarei diventato l’artigiano in grado di costruirlo mettendo insieme Tempo, Sogni e Ricordi, utilizzando i brividi per tenere incollati i muri di quella casa sul mare che sapeva regalare pianti di gioia per la meraviglia dei nostri momenti insieme, che presto…sarebbero diventati di noi tre.
1.10.1